L’Australia per molti è terra lontana, difficile e costosa da raggiungere, certamente per tutti, da qualsiasi parte del mondo partiate, è terra diversa.
In quest’isola enorme, grande più di una volta e mezza l’Europa intera, vivono infatti specie animali e vegetali uniche la mondo. Da nessun’altra parte puoi trovare il diavolo della Tasmania, il dingo, il canguro e i koala, ma nemmeno i blackboys o i bottlebrushes, piante autoctone dai nomi divertenti ed eloquenti.
È una terra talmente particolare da avere conficcato nel suo centro un enorme massiccio rosso, proprio come fosse un cuore. Stiamo parlando di Ayers Rock, il gigantesco e iconico monolito di arenaria rossa, cresciuto per sedimentazioni successive in un arco temporale che supera i seicento milioni di anni. Quel che si vede in superficie è ben poco rispetto a quel che c’è sotto e lo dimostrano altre formazioni rocciose della zona come i monti Olga.
Forse siamo romantici ma gli antichi nomi che gli aborigeni attribuirono alle formazioni ci sembrano più adatti a descriverne la bellezza e il mistero. Uluru e Kata Tjuṯa sono sacri, racchiudono in sé le origini di un popolo che lotta da sempre per vedere riconosciuto il diritto sulle proprie terre.
Fino al 2019 era possibile scalare le rocce per salire fino in cima e, benché fosse altamente sconsigliato sia per la pericolosità sia per rispettarne la sacralità, molti turisti praticavano comunque questa attività.
Per fortuna il governo australiano poi la vietò. Del resto, non è violandone l’accesso che la bellezza si manifesta.
La particolarità di queste rocce si evidenzia solo concedendo loro del tempo perché cambiano colore durante le ore del giorno, in base a come la luce viene riflessa dalle superfici. Lungo la sua circonferenza si possono ammirare pitture rupestri di antichi nativi, piscine naturali e grotte e anche incontrare i locali con i loro manufatti artigianali.
Quando all’alba ci approcciamo al primo incontro, Uluru ci accoglie nella sua veste mattutina viola.
La giornata non promette un cielo sereno e ci sentiamo davvero sfortunati quando capiamo che la pioggia ci sta venendo incontro. Qui non piove così spesso, viene da chiedersi: perché proprio a noi?
Ma non capiamo la nostra fortuna. Un acquazzone copioso riveste Uluru di un manto bianco cangiante, che sembra neve. All’ocra, all’oro e al bronzo di cui tutti parlano, sulla nostra tavolozza si aggiunge uno straordinario bianco, che in un attimo ci rende i più fortunati tra tutti.
Bagnati fradici, ma tanto fa caldo, ci godiamo lo spettacolo e poco dopo torna anche a splendere il sole colorando di rosso la montagna. La magia è servita ed è una magia che ha un’onda lunga perché per noi Uluru sarà, per sempre, quel trasformista capace di essere neve o fuoco in un attimo di tempo.
Buon Viaggio
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