Se l’Italia è uno stivale, il Gargano è il suo sperone e Peschici sta proprio lì, arroccata a 90 metri a picco sul mare, bianca e luminosa.
Quello che ti aspetti da una cittadina mediterranea c’è. Stradine strette, case bianche con portoni blu, tavolini con tovaglie a quadri, aglio e peperoncini appesi a seccare al sole.
Poi, ci sono i tetti: quelli a spiovente e quelli a cupola, a raccontare di periodi storici con dominazioni di origine diversa, così come l’accesso al centro storico delimitato dall’arco con la torre che i peschiciani chiamano “Porta del Ponte”. Qui un tempo c’era un ponte levatoio che chiudeva il paese, assieme alle mura medievali dotate di torrioni difensivi.
Le vie del centro sono un invito all’andare lenti: ogni angolo sembra un quadro, dove il colore è il protagonista assoluto. Gli agglomerati di case, tutte bianche, concedono spazi al verde dei fichi d’india, al blu delle cupole, al rosso dei peperoncini, agli scampoli di mare in lontananza.
Saliamo fino al Castello, baluardo difensivo contro le scorribande saracene e piratesche. Fu edificato dai normanni intorno all’anno 1000 ed oggi, dopo diversi interventi nel corso degli anni, quel che è rimasto, è di proprietà privata. Si possono comunque visitare, a pagamento, le antiche segrete, dove probabilmente c’erano i depositi di armi e di cibo e le prigioni. Al suo interno è allestita una mostra di macchine per la tortura, macabramente arricchita da disegni che ne spiegano l’uso.
Anche se l’argomento della mostra non vi stuzzichi, la visita merita il costo del biglietto, perché il percorso dà accesso ad interessanti locali e ad una splendida terrazza affacciata sul mare.
Da questo affaccio l’occhio può raggiungere il piccolo porticciolo e la baia di Peschici, una tranquilla spiaggia sabbiosa vicino alla città. Appena oltre invece si incontra la baia di Jalillo, che nel dialetto locale significa piccola spiaggia. La baia è nascosta da una formazione rocciosa ma ci si accede facilmente da Marina di Peschici.
Se decidete di non entrare al castello, potete approcciarvi al Belvedere che si staglia sul mare regalando comunque una vista sconfinata, difesi da una ringhiera in ferro adorna dei soliti lucchetti, come impone una moda che sembra aver raggiungo ogni angolo di mondo. Ma non sono fastidiosi, perché restano dei simboli buoni, di promesse dichiarate.
Ci colpisce di più il murales sottostante che pur leggermente logoro, restituisce una frase di Daisaku Ikeda: “è possibile rendere stupendo un Paese se si ha un cuore meraviglioso, luminoso, bello e forte, più di ogni altra cosa” corredato da una dedica a Romano Conversano.
Sembra un pensiero semplice, assolutamente condivisibile, ma c’è molto di più.
Ikeda è un filosofo buddista che ha dedicato la sua esistenza alla diffusione della pace e alla crescita degli individui, come tassello fondamentale di educazione e civiltà. La frase è un messaggio d’amore per il bene comune: ci dice che chi ha un cuore luminoso e forte non rovina ciò che ha intorno, perché lo sente come la sua casa più stupenda.
Perciò, non spegne le sigarette nei vasi di fiori, non urina a caso ovunque gli capiti, non butta carte per terra o lascia lo sporco del proprio cane. Pare che spesso ci si dimentichi del più semplice gesto d’amore che possiamo esprimere: il rispetto.
E allora penso che ai lucchetti che sono promesse d’amore tra individui, deve far eco un amore più grande verso la propria terra.
Questo è il tipo d’amore che Romano Conversano, artista istriano di padre pugliese, ha voluto restituire alle sue origini. Nel 1957, dopo aver vissuto in Spagna e a lungo a Milano, comprò un castello a Peschici per farne il suo studio e diede lustro alla cittadina garganica attraverso i suoi quadri.
Questo è il tipo d’amore che ci piace cogliere nelle nostre scorribande per il mondo, che è il nostro Paese più stupendo.
Buon viaggio in Puglia!
Lascia un commento