Quando ci si approccia ad un serata senza troppa convinzione, guidati dall’idea sbagliata di quello che l’esperienza ha in serbo per noi, la meraviglia sa colpire nel pieno della sua forza.
Siamo di fronte al palazzo reale di Torino, una meta familiare che fa parte del nostro panorama quotidiano, ma questa volta siamo in procinto di accedere alla serata evento organizzata da Club Silencio, la cui mission è proprio quella di sensibilizzare la popolazione alla bellezza e al patrimonio culturale del territorio italiano.
Il Museo di Antichità a Torino
L’occasione ci porta a scoprire il Museo di Antichità, uno dei più antichi e prestigiosi musei archeologici d’Italia, situato proprio all’interno del complesso dei Giardini Reali, vicino a Palazzo Reale.
Entriamo accompagnati da Enrico Zanellati, guida per Somewhere Tour profondo conoscitore della storia e dell’arte, nonché responsabile delle relazioni esterne per l’Accademia Albertina.
E sta tutta qui la differenza tra una visita in autonomia, se pur documentata a priori con ricerche e letture, e una visita guidata da una guida che si fa cantastorie.
La rinnovata bellezza del luogo, con il completamento del restauro delle seicentesca fontana delle Nereidi e dei Tritoni, unita ad una sapiente illuminazione, architettata ad hoc per enfatizzare senza disturbare, basterebbero a riempire gli occhi di bellezza e a rendere la serata più he piacevole. Ma c’è di più.
Il teatro romano di Augusta Taurinorum
Nel 2021, dopo due anni di restauri, il teatro romano dell’antica Torino è tornato a essere fruibile da parte dei visitatori.
Il sito rappresenta una delle più preziose testimonianze archeologiche dell’antica Augusta Taurinorum, la città romana che sorgeva dove oggi si trova Torino.
Il teatro fu edificato nel I secolo d.C., durante il periodo di massima espansione dell’Impero Romano, ed era utilizzato per spettacoli, eventi pubblici e celebrazioni civiche. Era in grado di ospitare circa 3.500 spettatori e si trovava nel cuore dell’antica città, vicino al foro.
Si conservano porzioni della cavea, l’area semicircolare destinata agli spettatori, nonché sezioni dei gradoni in pietra, dove il pubblico sedeva durante gli spettacoli.
I restauri hanno interessato anche l’area dei sotterranei del museo delle Antichità, dove sono conservati numerosi reperti tra cui diverse iscrizioni latine, scolpite su pietra e marmo, che offrono un prezioso spaccato della vita politica, sociale e religiosa dell’antica Augusta Taurinorum.
Queste iscrizioni forniscono informazioni sui donatori, le divinità venerate, e spesso celebrano imperatori o personaggi illustri.
L’eredità del passato
A parlarne solamente e a scriverne, questi reperti sembrano pezzetti di storia impolverati, che hanno poco da consegnare ai giorni nostri.
Quando però parole esperte accompagnano la vista e aiutano a focalizzare l’attenzione sui particolari, avviene la magia.
Si riesce a rianimare quel che appare morto e l’esperienza supera se stessa, si arricchisce di significati e inietta in circolo un sentimento di orgoglio verso il patrimonio culturale del nostro paese, che è proprio ciò che andrebbe inseguito con costanza.
Non chiamatele antichità: qui il passato consegna al presente i suoi incredibili racconti, in un continuum narrativo che non può relegare nulla ad un concetto di remoto, accaduto in un tempo lontano e finito per sempre.
Strati di storia si sovrappongono in costruzioni intrecciate, nate le une dentro e sopra le altre, una mistura architettonica che descrive i fasti di ogni tempo.
Seduti sui gradoni della cavea del teatro romano, Enrico ci invita ad immaginare la popolazione romana di duemila anni fa, recarsi in questo luogo per godere dello spettacolo, per discutere di politica, arte e scienza. La fantasia e la riflessione storica ci aiutano a vedere come le esperienze e le azioni del passato possano continuare a essere rilevanti e influenti nel nostro presente e in futuro.
Eleggiamo a simbolo di questo continuo andare e tornare del tempo il grande masso di marmo nero posto nel giardino.
La grande pietra all’apparenza insignificante, si riempie di senso quando il cantastorie Enrico la rende attrattiva per lo sguardo.
Come nel seicento Guarino Guarini si fornì alla cava di Frabosa Soprana per i materiali della cappella della sindone, dopo l’incendio dell’aprile 1997 è stato necessario riaprire la cava, ormai abbandonata, per recuperare i materiali per il restauro.
In questo racconto c’è il nostro invito, senza indugi, a riprendere possesso di questi spazi riconsegnati alla cittadinanza, e a farlo col vivo racconto di un abile cantastorie.
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