La cancellata di Frognerparken è massiccia, alta, decorata con bassorilievi di draghi che ripercorrono la tradizione vichinga. Una porta di ferro è aperta e ci lascia entrare.
Sulla destra un caffè, sulla sinistra un parco giochi per bambini, animato dalla loro euforia. Davanti a noi si apre un viale con varie diramazioni. Prendiamo la strada diritta fino a raggiungere un ponte, lungo e largo, dove comincia la rassegna.
Cosa vedere a Vigelandsparken
All’interno del parco di Frogner c’è un’area nota come parco Vigelands (Vigelandsparken in norvegese) che ospita le famose sculture di Gustav Vigeland. Si tratta di 58 statue di bronzo che rappresentano uomini, donne e bambini.
Il parco Vigeland prende il nome proprio dall’artista che, all’interno di Vigelands, ha ricavato il suo studio e la sua casa, per realizzare nell’arco temporale di vent’anni la sua umanità di pietra, bronzo e ferro.
Il parco è enorme, si estende su una superficie di circa 320 ettari, ed è diviso a metà da un corso d’acqua che si apre a formare due stagni.
Ci sono statue ovunque. Una maestosa fontana è composta da sei giganti che reggono una coppa d’acqua circondati da altre 20 sculture che rappresentano l’evoluzione umana, dalla nascita alla morte.
La terrazza del Monolito
Oltre la fontana si apre la terrazza del Monolito, la parte più alta del parco. Prende il nome dalla colonna di 17 metri che si erge nel mezzo, dove sono raffigurate 121 figure umane intrecciate. La colonna, scolpita in un unico pezzo di granito, è appunto conosciuta come il Monolito. Salendo i gradini che portano alla terrazza si incontrano 36 gruppi di sculture, di uomini, di donne, di bambini in atteggiamenti diversi.
Significato delle statue di Vigeland
È un’umanità nuda, che veste solo di emozioni, null’altro.
Sembra dirci che infondo è tutto ciò che ci serve. Basta una gioia, una sofferenza, basta sentirsi tristi o stanchi, complici o rabbiosi, giocosi o frustrati per distinguere ogni istante, per renderlo unico e diverso dagli altri. Le statue comunicano attraverso i materiali, attraverso le forme e le espressioni.
Bambini imbronciati, bambini che piangono, bambini che volano di gioia, bambini con madri e padri, figure di adulti e di anziani, tutti uniti in un unico spazio che si estende lungo il sentiero che culmina sulla collina, dove gli adulti si abbracciano, si aggrappano, si contorcono in una spirale di corpi che si innalza al cielo.
Il totem è l’apoteosi. Ci spinge a guardare in alto, ci suggerisce un messaggio di commovente speranza: solamente insieme, avvinghiati, possiamo elevarci.
Ci sono luoghi che scavano, che ti entrano con forza nell’anima, come un raggio di sole nel fitto della foresta. Questa umanità di pietra è uno specchio riflettente capace di mostrarci ciò che siamo: vulnerabili e forti, arrabbiati, sereni, giocosi o tristi, giovani o vecchi, privi di coperture esteriori ma vestiti di emozioni, le sole che ci rendono tutti uguali.
Questa tappa fa parte dell’itinerario Fuga d’inverno: le Luci del Nord in 5 giorni
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